Titolo: Tschiffely's ride
Sottotitolo: being the account of 10.000 miles in saddle through the Americas from Argentina to Washington
Autore: Aimé Felix Tschiffely
Edizione: London, William Heinemann 1933
Pagine: XXI - 442 pagine di 32 righe, con 58 caratteri per riga, numerose foto in b/n e una cartina.
Reperibilità: libro di difficile reperibilità se non nelle librerie antiquarie del Regno Unito. L'edizione in mio possesso è una ristampa del 1936.
Importanza del libro: si tratta del resoconto, assai ben scritto, di un'impresa straordinaria effettuata dall'autore, un giovane maestro svizzero, tra il 1926 e il 1928. Egli parte da solo da Buenos Aires il 25 aprile 1926 con due cavalli argentini di razza criolla con l'intenzione di attraversare l'intero continente americano. Il suo itinerario si dipana attraverso Argentina, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia, Panama, Costarica, Honduras, Messico. Entrato finalmente negli Stati Uniti Tschiffely arriva a Washington nell'autunno del 1928 con i due cavalli in perfette condizioni.
Si tratta di un'impresa davvero unica e purtroppo dimenticata, che merita di essere riproposta ai lettori d'oggi non solo perché molto coinvolgente e avventurosa, ma anche perché l'autore dimostra una sensibilità molto moderna in quanto per lui i suoi due cavalli sono veri compagni di viaggio e non solo mezzi di trasporto da sfruttare al massimo per stabilire un record.
Un altro aspetto importante di questo viaggio è che si svolge quasi tutto in territori privi di strade, in cui il cavallo era realmente l'unico mezzo di trasporto possibile a disposizione. Riveste inoltre un grande interesse come avventura esplorativa non solo per chi va a cavallo ma per tutti i lettori appassionati di grandi viaggi del passato dato che il viaggio fu effettuato "in solitaria" in epoca non sospetta di telefoni satellitari e in territori in cui era impossibile farsi soccorrere da un mezzo motorizzato. Il libro è inoltre scritto con stile semplice e scorrevole, privo di autoesaltazione, ed è ricchissimo di osservazioni etnografiche.
Volentieri citiamo queste parole di Tschiffely: “E mentre Mancha e Gato masticavano i succosi bocconi di erba, il rumore delle loro mascelle era per me una dolce musica”.