C'è poco da fare: l'Italia è veramente un paese che non ti annoia mai per la continua varietà del paesaggio, non vi è giorno che sia uguale a quello precedente. Ricollegandoci a un precedente viaggio in Italia (vedi Viaggio in Italia con promossi e bocciati), siamo scesi lungo la dorsale dell'Appennino e abbiamo attraversato le montagne del Casentino tra Toscana e Romagna, siamo stati veramente "a cavallo" del crinale tra Umbria e Marche, abbiamo attraversato il Parco dei Monti Sibillini e poi quello del Gran Sasso in Abruzzo per finire con il parco della Maiella nel Molise. Quota media:1000 metri, quindi piacevole temperatura e niente zanzare. Da Rivisondoli abbiamo percorso quasi fino alla fine il "mitico" tratturo Celano-Foggia, che però ai nostri occhi si è rivelato una delusione perché soprattutto nel tratto pugliese il terreno è arido e non si trova né erba né fieno per i cavalli.
Invece in tutto il tratto precedente ci sono pascoli e praterie immense dove pascolano centinaia di mucche e di cavalli allo stato brado, e migliaia di pecore. Pochi invece, stando sempre in quota, gli incontri con gli umani, a parte i pastori (rumeni, jugoslavi, albanesi). Escursionisti e turisti sono piuttosto rari da quelle parti, tanto da far apparire le nostre montagne friulane davvero "sovraffollate" al confronto. Abbiamo quasi sempre dormito in tenda o in soluzioni di fortuna (tettoie, rifugi incustoditi) e solo 4 notti le abbiamo passate in albergo.
A differenza di altri viaggi precedenti, abbiamo privilegiato l'aspetto naturalistico rispetto a quello sportivo della percorrenza, e abbiamo rinunciato a fare sosta nei maneggi. Sebiba e Diamantea, le nostre compagne di viaggio, sono state benone gustandosi l'erba appenninica (e i cereali reperiti nei paesi, quando erano disponibili), mentre gli ultimi giorni hanno dovuto accontentarsi di una dieta di paglia+avena come tutti gli altri equini del sud che non conoscono né il fieno né l'erba medica. E' incredibile che effetto fa a uno che viaggia a cavallo vedere a un tratto scomparire l'erba dal paesaggio che si colora tutto solo di giallo e di marrone.
Per la cronaca, Terek quest'anno lo abbiamo lasciato a casa, a badare a Kirghisia. la puledra. Alla partenza ci è sembrato quasi offeso: lui, cavallo dei grandi viaggi, ridotto a fare il baby sitter! (vedi Un buon cavallo è un membro della famiglia)
Ecco la sera e spiove/sul toscano Appennino. (V. Cardarelli)
Da Lutirano, situata nella valle del torrente Acerreta, raggiungiamo il 28 luglio il crinale dell'Appennino. La prima grande emozione è la cascata dell'Acquacheta, ricordata anche da Dante (Inferno, canto XVI), e il verde pianoro sovrastante. Con il sentiero 419 SOFT ci innestiamo nel percorso GEA - 00 alla Colla della Maestà, da dove si raggiunge in breve il passo del Muraglione, m 919, sempre affollato di motociclisti. Da qui seguiamo quasi integralmente la GEA-Sentiero Italia, inoltrandoci nelle Foreste del Casentino con un continuo saliscendi nella fittissima faggeta. Si tratta di un ambiente naturale fra i più intatti d'Italia, dominato dal faggio a alto fusto e da abetaie secolari.
Saliamo sul Monte Falco, m 1658, un aereo belvedere sul Mugello e sui paesi di San Godenzo e Castagno d'Andrea. Il panorama è eccezionale e permette di valutare l'immensa distesa del manto boscoso sulla displuviale appenninica e sui numerosi contrafforti che da essa si dipartono. Passiamo il passo della Calla m 1296 e continuiamo verso il Poggione, Poggio Scali e il passo del Porcareccio, costeggiando il limite della riserva naturale integrale di Sassofratino, dove però non si può entrare senza uno speciale permesso. Sono luoghi altamente suggestivi e spettacolari per il valore del patrimonio forestale, integro da millenni. E la sera, poi, che meraviglia ammirare il grande cielo stellato, senza inquinamento luminoso. Oltre il giogo Seccheta scendiamo all' Eremo di Camaldoli, m 806 in un fitto bosco di abeti bianchi, per poi risalire al passo dei Fangacci. Oltre Badia Prataglia, bellissimo paese, saliamo al passo dei Mandrioli e poi al passo Rotta dei Cavalli e al Poggio Tre Vescovi. Qui finisce il Parco del Casentino.
Cartografia: Foreste casentinesi, 1:50.000, ed. SELCA.
Il 31 luglio dal Poggio Tre Vescovi continuiamo il percorso GEA - sentiero 00 e scendiamo al paese di Montecoronaro, dove possiamo accamparci nell'ex vivaio, trasformato in parco festeggiamenti. Abbiamo a disposizione addirittura una doccia calda! L'indomani passiamo sotto il monte Fumaiolo, da cui nasce il Tevere, e arriviamo al passo di Viamaggio, m 972, tra la valle del Tevere e quella del Marecchia.
Inizia qui l'Alpe della Luna. Siamo sopra Sansepolcro. Una salita impegnativa su placche di rocce nascoste dalla terra porta al poggio Tre Termini da cui discendiamo sul versante marchigiano e facciamo sosta giovedì 1 agosto all'Albergo Fonte Abeti, che mette a disposizione dei viaggiatori a cavallo un'ottima scuderia.
Ancora un giorno di marcia sul crinale e lasciata GEA scendiamo a Città di Castello per fare un giorno di sosta all'Agriturismo San Giovanni.
Di questo tratto del viaggio, senz'altro meno spettacolare del precedente, ci resterà per sempre nella memoria, nei pressi di Pratieghi, un meraviglioso enorme campo di erba medica in fiore, dal dolce profumo inebriante (di tiglio, di miele e di vaniglia), con una grande quercia sotto cui riposare.
Cartografia: Carta dei sentieri al 50.000 Valtiberina e Marca Toscana, CAI Arezzo
"odi greggi belar, muggire armenti"
Domenica 4 agosto, lasciato l'accogliente agriturismo San Giovanni dobbiamo riguadagnare quota verso il nostro crinale appenninico e ritrovare il percorso della GEA - Sentiero Italia. Dirigendoci a Pietralunga passiamo quasi casualmente per l'antica Pieve de' Saddi, del X secolo, luogo che ci colpisce per l'assoluta solitudine nel caldo pomeriggio estivo e per quel tanto di mistero che sembra aleggiarvi attorno.
Mai meta serale fu più ben scelta di Morena, sperduta frazione del comune dii Gubbio, da cui dista ben 34 km! Il paesino sul crinale, con la gente seduta all'osteria o in capannelli lungo la strada, ci sembra un luogo in cui la vita ha ancora una dimensione umana priva di stress. Siamo accolti benissimo da Baldo, l'oste di Morena, e da Mario Polidori, che ci mette a disposizione un suo campo recintato in cui piantare la tenda e far pascolare i cavalli. Purtroppo soltanto durante l'estate questo borgo appenninico risuona di voci e di allegria. Per il resto dell'anno, sono storie di ordinario spopolamento, sull'Appennino come sulle Alpi, perché la politica dissennata degli ultimi decenni ha privato la montagna dei suoi abitanti in nome dello sviluppo industriale e di un benessere puramente materiale.
Il 5 agosto entriamo nella Serra di Burano: i paesi hanno nomi curiosi e affascinanti cone Caibelli, Caicambiucci, Caigamboni. Qui il Sentiero Italia coincide con il sentiero europeo E1. A Scheggia raggiungiamo la via Flaminia nella valle del Chiascio, e mettiamo la tenda a Costa San Savino, in un prato vicino alla pizzeria Sole e Luna: Oddo Brunamonti ci racconta le leggende del luogo, Nazareno e Massimo ci regalano un sacco di avena per Sebiba e Diamantea.
Inizia qui uno dei tratti che più ci è piaciuto, anche se il tempo è stato piuttosto inclemente: si sale a Pian di Spilli, Pian delle Macinare e Val di Ranco, nel parco regionale del Monte Cucco. Da Val di Ranco era nostra intenzione continuare sempre in cresta ma non è stato possibile in quanto il sentiero presenta tratti di roccette impraticabili per i cavalli.
Così siamo scesi al valico di Chiaromonte e da qui all'abbazia di San Cassiano e all'abitato di Costadiegoli, luogo bellissimo, dove abbiamo visto per la prima volta le conseguenze del terremoto del 1997.
Infiliamo ora tutta una serie di luoghi meravigliosi: il valico di Fossato, il monte Maggio, la Val Sorda, il monte Serra Santa (sopra Gualdo Tadino), il monte Alago. Il loro fascino consiste nell'essere meravigliosi belvedere aerei sul crinale, a cavallo tra Marche e Umbria, e nell'essere al tempo stesso verdi pascoli pieni di animali e quindi pieni di vita.
La tappa più bella in assoluto di questo tratto è secondo noi quella tra Valsorda e Monte Alago, giovedì 8 agosto.
Il 9 agosto, scesi a Bagnara, frazione di Nocera Umbra, entriamo nella zona che più ha sofferto per il terremoto. Soprattutto Serravalle di Chienti e San Martino. E' proprio arrivando a San Martino sotto la pioggia battente, tutti imbacuccati nelle nostre mantelle, che veniamo "intercettati" dall'autista di un pick - up che ci invita a seguirlo. E' Lucio Lapucci, grande appassionato di cavalli, che abita in un prefabbricato nel paesino di Colpasquali e ci offre ospitalità nella sua scuderia. Cogliamo l'occasione per ringraziarlo ancora una volta per la sua gentilezza, che abbiamo gradito moltissimo. Solo chi ha viaggiato con la pioggia senza la protezione di un'automobile conosce il valore di una simile offerta spontanea di ospitalità!
Cartografia: carte Kompass al 50.000 n.664 Gubbio-Fabriano e n.665 Assisi-Camerino
Il 10 agosto le previsioni sono pessime e Lucio vorrebbe trattenerci a casa sua ma noi insistiamo per continuare: ancora non piove! Tuttavia già sul monte Cavallo (sentiero E1) il tempo si mette definitivamente al brutto, senza scampo: passeremo il resto della giornata sotto la pioggia. Alla sera facciamo tappa al maneggio di Ussita, dove ci accoglie Roberto Paradisi, istruttore di monta maremmana. Ci fermiamo un giorno in attesa del bel tempo, dormendo la prima notte in un costoso (65 Euro) e strettissimo bungalow dell'adiacente campeggio "Estate-Inverno", e la successiva (molto meglio) nel fieno, accanto ai nostri cavalli. Nel pomeriggio di domenica, tornato il sole, visitiamo la cittadina di Visso, dal fascinoso aspetto medievale. Lunedì mattina partiamo da Ussita puntando a Frontignano e poi al paesino arroccato di Castelsantangelo. Da qui inizia la val Repegna, stretta e boscosa come una valle delle nostre Prealpi Giulie, che ci porta dritti dritti al cuore dei monti Sibillini, a Castelluccio di Norcia, che se ne sta arroccato su uno sperone isolato al margine della vasta distesa erbosa di Piano Grande. Arriviamo dall'alto e planando lentamente ci godiamo la visione aerea sulla scacchiera dei campi coltivati a lenticchie, quadrilateri irregolari dai colori sfumati, lontani sotto di noi.
A Castelluccio abbiamo ricoverato i cavalli al coperto nelle poste messe a disposizione dall'Azienda Agricola Ciocia, che si trova 500 metri oltre il paese, in discesa. Quanto a noi, la solita tenda. Siamo a 1500 metri di quota e la mattina l'aria è pungente. Piano Grande ricoperto dalla nebbia sembra un lago dal quale emerge come un'isola Castelluccio illuminato dal sole. Superata la breve zona coltivata, ci attende la traversata della grande prateria dove cediamo volentieri alla tentazione di mettere i cavalli al galoppo, andatura insolita in un lungo viaggio!
Ma il meglio - forse - deve ancora venire. Oltrepassata Forca Canapine, seguendo la strada di cresta si giunge a un verdeggiante pianoro punteggiato da numerosi laghetti (dal poco poetico nome "dei Pantani"). Sole caldo, cielo azzurro, bianche nuvole gonfie, mucche bianche adagiate sull'erba a ruminare, un branco di cavalli nell'acqua beve e sembra giocare con gli spruzzi. Non credo di aver mai visto spettacolo più sereno, colori più nitidi, aria più tersa. A due passi da noi una mucca lecca il vitellino appena nato. Ricorderemo a lungo questi "Pantani". Poi la lunga discesa verso Accumoli, altro borgo medievale dalle vie lastricate. Facciamo base nel campo recintato di Eugenio Lavia, nativo del Friuli, classe 1928. Possiamo mettere la tenda e lasciare pascolare i cavalli.
Martedì 14 agosto puntiamo su Amatrice e poi verso il lago di Campotosto, entrando così nel Parco Nazionale dei Monti della Laga e del Gran Sasso.
Cartografia: carta Kompass n.666 "Monti Sibillini", carte IGM al 50.000
Il 14 agosto facciamo sosta a Poggio Cancelli, non lontano dal lago di Campotosto, e il giorno successivo, Ferragosto, a San Pietro di Assergi. E' venerdì 16 agosto il giorno che ci riserva forse le emozioni più intense dell'intero viaggio: l'attraversamento di Campo Imperatore. Lasciamo la (relativa) folla di turisti alla stazione a valle della funivia del Gran Sasso e saliamo per il sentiero della Valfredda, arrivando in una prima conca verde dove pascolano centinaia di pecore. Quando, superata una selletta, arriviamo sul grande altopiano ondulato (ben diverso da Piano Grande!), si scatena improvviso un temporale, rendendo irreale il paesaggio. Finito questo, spunta in cielo un grande arcobaleno, per scomparire subito dopo, inghiottito da altre nuvole, e così via, per un paio di ore, mentre continuiamo a cavalcare in quella che ci appare un'immensità.
Solo a sera, quando finalmente arriviamo a Fonte Vetica, all'estremità Est, il cielo torna completamente sereno. Ci accampiamo con la tenda accanto al Rifugio Forestale. Si può cenare nel vicino alberghetto omonimo.
L'indomani 17 agosto esploriamo il canyon dove negli anni Settanta sono stati girati tanti "western all'italiana" e che secondo noi a buon diritto - salvo che nelle dimensioni - ricorda luoghi ben più famosi delle Montagne Rocciose.
Scendiamo poi a Casteldelmonte e a Ofena e siamo ospiti a Capo d'Acqua del signor Biagio Purificati, il 18 agosto arriviamo a Sulmona e il 19 agosto raggiungiamo Rivisondoli attraverso la Sella di Sant'Antonio, percorrendo la bellissima mulattiera segnalata come "Freedom trail" del Parco della Maiella. Dall'alto di questo percorso seguiamo con lo sguardo la linea ferroviaria Sulmona-Isernia che sale sul monte con viadotti, gallerie, caselli abbandonati. Siamo nelle "Terre di mezzo", come le chiama Paolo Rumiz nel suo diario di viaggio pubblicato su Repubblica nel mese di agosto 2002 con il titolo "Seconda classe". Qui le nostre dimensioni di viaggio - noi a cavallo, lui in treno - per un attimo si sono incrociate.
A Rivisondoli ci attende un altro immenso altopiano erboso che si estende per diversi chilometri, piatto e liscio come un tavolo da biliardo.
Cartografia: carta CAI al 25.000 "Gran Sasso", carte IGM al 50.000.
"E vanno pel tratturo antico al piano, / Quasi per un erbal fiume silente…"D'Annunzio
Anche se già da Capo d'Acqua, come ci ha detto il signor Purificati, passava il tratturo, è soltanto da Rivisondoli che realmente è possibile vederne il tracciato. I tratturi erano tradizionalmente i percorsi usati per la transumanza delle greggi, che si spostavano d'estate verso i pascoli dell'Abruzzo, mentre d'inverno tornavano al Tavoliere della Puglia. Consistevano di una fascia erbosa, larga fino a 111 metri, su cui gli animali, oltre a spostarsi (alla velocità di pochi chilometri al giorno), trovavano anche pascolo. Una vera e propria "strada da mangiare", insomma.
Questi antichi tracciati, ormai spesso dissodati e coltivati abusivamente oppure cancellati dall'asfalto o dalla speculazione edilizia, sono quasi perduti. Il più importante, il tratturo Celano-Foggia, si può tuttavia seguire ancora abbastanza bene nel tratto molisano, dove è stato di recente tabellato. Sono state di recente costruite anche delle aree di sosta con poste per i cavalli.
Il primo giorno, da Rivisondoli a Staffoli. Da Roccaraso si scende a Roccacinquemiglia e da qui si raggiunge il casello ferroviario di Taverna sulla linea Sangritana. Passato il fiume Sangro ed entrati in Molise, il percorso è tabellato, ma come spesso avviene, le tabelle abbondano là dove il percorso è evidente e scarseggiano o mancano del tutto nei punti di difficile orientamento! Si sale al simpatico paese di San Pietro Avellana e poi, carta IGM alla mano e superattenzione alle tabelle, con un lungo giro giungiamo al maneggio di Staffoli, luogo davvero incantevole e molto ben attrezzato sia per i cavalli che per i cavalieri (stanze, bungalow, ristorante, persino un emporio!).
Il secondo giorno, da Staffoli a Salcito. Un primo lungo tratto di strada asfaltata, che ha ricoperto il tratturo, poi lunghissima discesa, non sempre facile, verso la valle del Trigno. Sopra di noi l'altissimo viadotto della superstrada per Termoli, a guardarlo è davvero vertiginoso. Oltre il fiume la traccia del tratturo risale ripidamente sulla massima pendenza. Un gran temporalone ci costringe a fare sosta già a Salcito, e precisamente nella fattoria/casa torre del signor Vincenzo Salvatore, che molto generosamente ci ospita.
Terzo giorno, da Salcito a Lucito. Con gli ormai consueti saliscendi il tratturo ci porta oggi a passare il torrente Rivo e a salire a Codacchi e Colle Marasca, poi un ennesimo temporalone pomeridiano ci blocca all'area di sosta "Celifora" tra Lucito e Castelbottaccio. Nelle immediate vicinanze c'è la fattoria di due arzilli coniugi ottantenni, Nicola e Argentina Buccella, con cui facciamo subito amicizia e trascorriamo una splendida serata.
Quarto giorno, da Lucito a Bonefro. La pioggia violenta del giorno precedente ha reso scivoloso il terreno e rende lenta e faticosa la marcia. Oggi discesona al guado (ottimo) sul Biferno, risalitona a Ripabottoni, ri-discesona al torrente Cigno e ri-salitona a Bonefro. Visto il ritardo accumulato per l'ennesima pioggia ci accampiamo sul tratturo sulla collina di fronte a Bonefro.
Quinto giorno, da Bonefro a Serracapriola. Seguiamo il tratturo solo fino a S:Croce di Magliano, per poi cavalcare in direzione di Serracapriola, dove siamo ospiti nell'uliveto di Antonio Vaccarella.
Cartografia: Carte IGM al 50.000 Capracotta, Castel di Sangro, Trivento, Casacalenda, Torremaggiore, Serracapriola.
"l'Adriatico selvaggio, che verde è come i pascoli dei monti"D'Annunzio
Il nostro viaggio a cavallo "Appennino 2002" finisce a Marina di Chieuti, con i cavalli che si rinfrescano le zampe nelle onde dell'Adriatico. Ringraziamo ancora una volta per l'ospitalità e la gentilezza la famiglia Saracino dell'agriturismo "Padre Pio Giovane" di Chieuti, dove abbiamo lasciato Diamantea e Sebiba in attesa di recuperare il nostro furgone e portarle a casa.