Un viaggio in sella, senza alcun mezzo d’appoggio, attraverso Slovenia, Ungheria, Ucraina e Bielorussia, effettuato da Dario Masarotti e Antonietta Spizzo di Premariacco (UD),nell’estate 1997.
Qualche volta i sogni diventano realtà. É quello che é successo a noi, che nell’estate del 1997 siamo riusciti a realizzare un grande progetto: attraversare per 3000 km in sella ai nostri fidi compagni di viaggio a quattro zampe un territorio affascinante e ancora praticamente sconosciuto come l’Europa dell’Est e soprattutto due paesi ex sovietici come l’Ucraina e la Bielorussia. Soltanto Mosca ci é rimasta preclusa ma forse é meglio così, forse così ci resterà lo stimolo per riprovare...
Ci siamo dedicati per quasi due anni alla preparazione di questo viaggio.
La cosa più impegnativa é stata lo studio della lingua russa, che però é stato così affascinante e coinvolgente da non costituire affatto un peso, e comunque si é rivelato assolutamente indispensabile (meglio ancora sarebbe stato se avessimo studiato un po’ anche l’ungherese !).
Tutt’altro che piacevoli, e anzi molto lenti e frustranti sono stati invece i contatti con le Federazioni equestri dei vari paesi e soprattutto le pratiche consolari, veterinarie e doganali, preparando le quali ci siamo scontrati non solo con la disinformazione degli organi preposti ( in fin dei conti eravamo i primi ad andare in questi paesi a cavallo, e non c’erano precedenti a cui rifarsi) ma anche con i pregiudizi che in Italia fanno apparire i paesi dell’est come pericolosi e inospitali.
A complicare il tutto poi intervengono anche i continui cambiamenti cui vanno soggette le procedure dei visti per i paesi ex sovietici.
Anche noi ne abbiamo fatto le spese perché a causa di un cavillo burocratico siamo stati privati della parte finale del viaggio, i 400 km in territorio russo e la città di Mosca, la ciliegina sulla torta!
Una nota dolentissima é stata la ricerca di una sponsorizzazione per il viaggio, ricerca che si é conclusa con un nulla di fatto; molta maggiore sensibilità ha rivelato la Provincia di Udine che ha patrocinato e parzialmente finanziato la nostra iniziativa.
Domenica 29 giugno alle nove e trenta saluto ufficiale nella piazza del paese e poi via, attraverso luoghi familiari che assumono un diverso aspetto adesso che stiamo partendo...per la Russia!
Un unico giorno di viaggio in Italia , una notte passata a Gorizia al maneggio La Remuda dopo festeggiamenti e libagioni con gli amici, e al mattino di lunedì 30 siamo già alla prima frontiera, che tanti problemi e batticuori ci aveva causato per la difficoltà a ottenere i permessi di transito.
Ma tutto fila liscio (per ironia della sorte le maggiori lungaggini le causano proprio i doganieri italiani in uscita) e alle undici siamo in Slovenia.
Attraversiamo tutta la Slovenia (500 km circa) in 12 giorni, seguendo grosso modo il percorso dell’antica strada romana che congiungeva l’Italia con la Pannonia (cioè l’Ungheria) passando per Lubiana, Celje e Ptuj.
Ma questa strada, che fino a cent’anni fa avremmo potuto percorrere a cavallo senza bisogno di cartine topografiche, senza paura di perderci, trovando locande con annesse scuderie, adesso ci crea tutta una serie di problemi di non facile soluzione proprio per evitarla ! Del resto si tratta del percorso più logico e più diretto nelle valli della Sava e del suo affluente Savinia.
Grazie a un articolo pubblicato sulla rivista della Federazione equestre slovena molti appassionati di cavalli sono a conoscenza del nostro passaggio e ci offrono calorosa ospitalità nelle loro case e scuderie.
In generale la Slovenia si rivela come un territorio ideale per viaggiare a cavallo per la bellezza e la varietà del paesaggio, per le numerose strade bianche in ottime condizioni ma soprattutto per la gentilezza e la disponibilità della gente che sempre ti saluta e ti sorride quando ti incontra, e spesso ti ferma desiderosa di scambiare due parole con te
L’ 11 luglio arriviamo in Ungheria, mitica terra di cavalli e cavalieri, che da questo punto di vista un po’ ci delude perché ci sembra che la cultura equestre non sia poi così diffusa e radicata, anzi sia uno stereotipo a uso e consumo dei turisti.
Quello che invece non ci delude affatto sono i paesaggi, grandi spazi movimentati di colline, pascoli e campi coltivati a cereali e girasoli, di un’ampiezza per noi del tutto insolita.
Il nostro itinerario attraversa diagonalmente tutto il paese, passando lungo la sponda sud del lago Balaton, attraversando il Danubio sul ponte di Dunafoldvar, toccando le città di Kecskemet e Nyireghaza ma soprattutto il parco nazionale di Hortobagy, nel cuore della mitica puszta ungherese.
É effettivamente emozionante percorrere a cavallo questa prateria resa famosa da tanti pittori e scrittori.
Un’altra caratteristica dell’Ungheria sono le piccole casette circondate da giardini stracarichi di fiori e le inconfondibili sagome dei pozzi, sparsi nella puzsta per abbeverare le mandrie (e anche i nostri cavalli).
Unico neo, la difficoltà quasi insormontabile della lingua ungherese (che appartiene al ceppo ugro-finnico e non ha assolutamente affinità con le lingue slave o germaniche) , che ha reso faticosa la comunicazione con la gente nei piccoli paesi dove non si ferma mai nessun turista.
Il 5 agosto, dopo alcuni meritati giorni di ozio nel confortevole centro ippico di Istvan Kovacs a Nyireghaza, passiamo la frontiera della tanto vagheggiata e temuta Ucraina, che ormai nella nostra fantasia identificavamo con la frase latina HIC SUNT LEONES, che nelle antiche carte segnava l’inizio delle terre inesplorate.
Ma in Ucraina gli unici leoni che vedremo saranno quelli sullo stemma della città di L’viv (in italiano Leopoli); ad attenderci ci sono invece uno splendido sole, cieli azzurri, fiumi ricchi d’acque, pascoli punteggiati da covoni di fieno fino all’orizzonte e soprattutto persone aperte e generose.
Mancando quasi del tutto i centri di equitazione e le strutture ricettive turistiche, sera per sera lungo la strada chiediamo ospitalità ai contadini, senza alcun accordo precedente, e siamo sempre invitati a passare la notte nelle loro case, mentre i nostri cavalli trovano posto nel cortile o eccezionalmente in qualche stalla più spaziosa dell’usuale.
Del resto é il cavallo il vero catalizzatore di questi incontri perché permette di entrare subito in sintonia con persone che hanno ancora un rapporto quotidiano con gli animali e la natura.
Il nostro itinerario, passata la città di Uzgorod, supera i monti Carpazi al passo di Uzok (m 900) e poi si snoda verso nord quasi parallelamente al confine polacco per 600 km circa.
In un giorno di sosta visiteremo la città di L’viv che ha conservato ancora il suo carattere austro-ungarico.
Il 21 agosto siamo finalmente in Bielorussia: cavalchiamo verso Nord-Est per circa 400 km fino alla capitale, Minsk, dove giungiamo il 2 settembre e ci fermiamo per una settimana per approntare i documenti necessari per attraversare il confine russo.
Finora la fortuna ci ha concesso giornate calde e soleggiate.
Ma un solo giorno di maltempo basta a far scendere la temperatura di 20 gradi, e la pioggia e un vento gelido da Ovest non ci lasceranno più fino alla fine del viaggio.
Ma poco importa, indossiamo tutti i (pochi) vestiti che abbiamo e stringiamo i denti: la meta ormai non più lontana e la soddisfazione per aver percorso più di 2000 km con i cavalli (e noi) in perfette condizioni ci infondono la necessaria grinta.
É vero, non abbiamo ancora tutti i documenti necessari, ma sappiamo che sono stati spediti per espresso da Mosca a Minsk e quindi dovremmo farcela, anche a costo di rimandare un po’ il rientro in Italia previsto per il 25 settembre.
Dalla città di Vitebsk, a soli 40 km dal confine, lasciati i cavalli al sicuro nella scuderia del kolchoz “Armata Rossa”, torniamo in treno fino a Minsk per seguire da vicino le pratiche consolari ma ahimè il famoso espresso non é ancora arrivato ed é già il 19 settembre (arriverà il 25 settembre).
Con la morte nel cuore siamo costretti a rinunciare a Mosca e decidiamo per un itinerario alternativo verso nord, la regione dei laghi, rientrando poi a Minsk a cavallo, per mantenere fede al programma di percorrere 3000 km.
Non tutto il male viene per nuocere: anche se Mosca ci rimane negata, ci rifacciamo attraversando alcuni dei luoghi più suggestivi della Bielorussia, che altrimenti non avremmo mai visto.
L’autunno bielorusso accende i colori della vegetazione di rosso e di giallo e crea contrasti netti di un nitore quasi abbacinante.
I paesaggi che vediamo sembrano usciti dalle pagine del Dottor Zivago: boschetti isolati di betulle, cupi boschi di abeti, laghi solitari con le rive cosparse di foglie ormai gialle...e anche le case di tronchi di legno con le intelaiature delle finestre dipinte a colori vivaci spiccano nitide contro il cielo azzurrissimo.
I terreni sono ideali, soffici, privi di sassi, le strade quasi tutte di terra battuta e le poche asfaltate hanno comunque degli ampi bordi sabbiosi su entrambi i lati, dove passa no i carretti trainati da un cavallo che sono il principale mezzo di trasporto in campagna.
In Bielorussia, oltre alla consueta ospitalità nelle case dei contadini, abbiamo la fortuna di conoscere anche una realtà più particolare e più ufficiale che é quella dei kolchoz, cooperative agricole che gestiscono tutte le attività agricole ed economiche di un territorio grande circa come un nostro comune.
Questa opportunità ci viene offerta dalla Società Bielorussia-Italia di Minsk, e grazie ai contatti presi dal suo segretario, il giovane e attivo Vladimir Dolidovich, verremo accolti ufficialmente come “italianska delegazia”anche nelle città di Smolievici e di Minsk e addirittura in un grande allevamento statale di tori !
Il 30 settembre siamo di nuovo a Minsk, ospiti della Federazione Equestre Bielorussa, e con auto più trailer torniamo a casa insieme a Sebiba e Terek.
Ed é solo qui in Italia che il viaggio veramente finisce, quando possiamo dire di aver riportato a casa i cavalli in perfette condizioni, i cavalli che non sono per noi un semplice mezzo di trasporto ma dei veri compagni di viaggio.
Km percorsi: 3000 circa
Giorni di marcia totali n. 66
Media giornaliera km 46 circa
I nostri cavalli:
SEBIBA, cavalla mezzosangue arabo nata a Premariacco nel 1988, compagna grintosa e infaticabile di tutti i nostri viaggi,
TEREK, castrone anglo-arabo-sardo nato nel 1992, al suo primo viaggio veramente impegnativo (nel ‘96 lo avevamo messo alla prova con un ‘viaggetto’ di circa 800 km).
L’allenamento: nei tre mesi precedenti alla partenza siamo usciti tutte le sere per un’ora di allenamento al trotto, oltre a uscire alla domenica per l’intera giornata.
E' stata quella già collaudata nei viaggi precedenti, con qualche piccola miglioria.
Abbiamo usato delle normali selle inglesi.Ogni cavallo portava un carico complessivo di 20 kg oltre alla sella e ai finimenti.
Nelle due borse da sella trovavano posto il vestiario, la toilette, una fornita farmacia da viaggio, un paio di scarpe, le carte topografiche, la borraccia e le cibarie, l’attrezzo da mascalcia con quattro ferri di scorta.
Dietro le bisacce fissiamo un rotolo impermeabile per il sacco a pelo e anteriormente abbiamo un altro rotolo con la coperta di lana per i cavalli, l’impermeabile per i cavalli e la mantella per noi.Quest’anno abbiamo deciso di rinunciare alla tenda.
Assolutamente indispensabili poi un buon portacarte impermeabile e dalla dotazione degli alpini due musette per la scorta di avena e un secchio pieghevole di tela impermeabile.
Abbiamo alimentato i cavalli con una razione giornaliera di circa 6 - 7 kg di avena suddivisa in tre pasti, con l’aggiunta di fieno a volontà alla sera e un paio di ore di pascolodurante la sosta di mezzogiorno.
In mancanza di avena abbiamo dato orzo e mais.Di solito i cereali erano disponibili in abbondanza, ma é ci é capitato anche di dover alimentare per diversi giorni i cavalli solo a fieno e erba.Nonostante ciò’ i cavalli sono rimasti sempre in buona forma.
Dall’Ungheria in poi i cavalli vengono usati quasi sempre sferrati e l’arte della mascalcia é andata quasi completamente perduta.
Non abbiamo quindi potuto fare affidamento sui maniscalchi locali e abbiamo ferrato i nostri cavalli da soli.Oltre alla ferratura prima della partenza, abbiamo ferrato altre due volte, a Nyregyhaza in Ungheria, dopo circa 1000 km e un mese di viaggio, e poi di nuovo a Minsk, dopo altri 1000 km.