Che cosa si può provare viaggiando a cavallo in Italia nel 1996? Quale è la dimensione del paesaggio e della gente osservata da un mezzo di trasporto lento quando tutto intorno domina una generale frenesia di movimento? E' con la curiosità di rispondere a queste domande che siamo partiti dalla nostra casa di Premariacco, in Friuli, diretti alla volta della Toscana. Non siamo nuovi a questo genere di imprese: l'anno scorso abbiamo attraversato a cavallo l'Austria e la Germania fino al Mare del Nord e siamo rimasti entusiasti dell'accoglienza ricevuta. L'Italia invece non la conosciamo ancora dalla sella ed è per questo che la scegliamo quest'anno come nostra meta.
I nostri compagni di viaggio sono la ormai collaudatissima Sebiba, una cavalla mezzosangue arabo di otto anni che già ci ha accompagnato in tutti i viaggi precedenti dimostrando di avere un fisico invidiabile (nessuno strapazzo riesce a scalfire i suoi quattrocentocinquanta chili), e un nuovo amico, Terek, un cavallo anglo-arabo-sardo di quattro anni e mezzo alla sua prima esperienza impegnativa. Proprio per rispetto a lui avevamo programmato delle tappe non troppo lunghe né troppo impegnative: circa 40 km al giorno in pianura e 30 in montagna. La nostra meta era la Lunigiana, e precisamente il paese di Terenzano, dove eravamo stati invitati dai camminatori Riccardo Carnovalini e Roberta Ferraris, promotori del "Sentiero Italia" e sostenitori da sempre di un turismo "lento" a contatto con la natura.
Per arrivarci abbiamo impiegato esattamente diciassette giorni di marcia; il resto del tempo a nostra disposizione lo abbiamo usato per esplorare un tratto di crinale appenninico tra Emilia e Toscana, lungo il Sentiero Italia.
Itinerario: Premariacco - Cisterna - Vivaro - Vigonovo - San Pietro di Feletto - Castelfranco Veneto - San Giorgio in Bosco - Rovolon
Partiti da casa, dopo la disastrosa alluvione che ha colpito il Friuli e (guarda caso) la Lunigiana, nella prima settimana di viaggio Giove Pluvio ha per noi un occhio di riguardo e nonostante le pessime condizioni del tempo facciamo un vero e proprio slalom tra i temporali senza mai bagnarci. Meno bene è andata con i guadi: sia il Tagliamento sia il Piave erano colmi di acqua biancastra e impetuosa ed è stato giocoforza passarli sui ponti stradali, veri incubi della lunghezza media di due chilometri, con macchine e camion che ci sfrecciavano accanto di continuo. I guidatori spesso non hanno molti riguardi nei confronti dei cavalli, trasgredendo così anche al Codice della Strada, mentre i nostri equini si sono sempre comportati benissimo, dimostrando di meritare un'assoluta fiducia da parte nostra. Fino alle colline di Conegliano abbiamo trovato terreni ottimi e un paesaggio piacevole e movimentato; man mano che ci si inoltra nella pianura però le cose cambiano e la ricerca dell'itinerario diventa sempre più faticosa. La parola d'ordine è "cavedìn", stradina di campo, ma troppo spesso non ce ne sono più o sono state asfaltate. Siamo nel cuore di quel micro-tessuto industriale che ha fatto la ricchezza di queste zone, ma le ha anche rese un unico agglomerato di fabbriche e di capannoni. Anche sulle stradine più piccole passano di continuo macchine, furgoni e grossi camion a velocità sostenuta. Al ritmo dei nostri cavalli ci sentiamo immensamente distanti da loro: la dimensione che cerchiamo è quella del contatto con le persone che spuntano dalle case sorprese e attirate dal nostro passaggio e cui spesso chiediamo l'acqua per abbeverare i cavalli. Molti offrono allora qualcosa da bere anche a noi o addirittura, come il signor Sante Faggion di Castione, ci invitano a pranzo. Sono di solito gli anziani che hanno il maggior atteggiamento di simpatia verso i cavalli. Nelle loro parole cogliamo di continuo un senso di disagio per la frenesia della vita attuale e l'eccessiva smania di ricchezza.
Alle sette di sera arriviamo dai nostri amici Patrizio e Nadia che abitano in un angoletto di paradiso sui colli Euganei. Ma non sono gli unici amici che ci hanno ospitato in questo tratto iniziale del viaggio: Altri sono diventati ormai punti di sosta abituali dei nostri viaggi. Ricordiamo in particolare la generosa accoglienza di Mario Basso e di tutti gli amici del C.I. Gallo Rosso di Vigonovo, nonché la simpatia e l'ospitalità di Anna e Piero Spinazzè a Cà Borgh di S.Pietro di Feletto.
Itinerario: Colli Euganei - Masi (Pd) - Badia Polesine - Ostiglia - S. Benedetto Po - Guastalla
Dopo tre giorni di ozi euganei ripartiamo in direzione Sud: le alture dei colli sono gli ultimi rilievi prima di una settimana di territori totalmente pianeggianti. Passato l'Adige sul ponte di Badia Polesine, solo una ventina di km ci separano dal Po, la grande arteria d'acqua lungo cui dirigiamo il nostro cammino. I suoi argini sono delle piste ideali per i cavalli, vere e proprie autostrade verdi di cui finora avevamo solo sognato. Per andare a cavallo c'è solo l'imbarazzo della scelta: si può stare in alto sulle banche, che sono delle terrazze sul lato esterno dell'argine, oppure in basso su quella striscia di terreno demaniale larga quattro metri che dovrebbe essere sempre libera da colture. Scendiamo quasi sempre nella golena, cioè in quella fascia di terreno (anche molto ampia) che sta tra l'argine e il fiume e che viene inondata dalle piene. L'unica coltura che resiste alle inondazioni è il pioppeto, che si trova ovunque nella golena. E' bellissimo andare a cavallo nell'ombra variegata delle pioppe, cioè dei pioppi, che, con un ricordo della lingua latina, in queste zone si sono trasformati in snelle creature al femminile.
Per quattro giorni questo è il nostro incedere lento al cospetto del grande fiume che mostra il suo volto più pacato di acque verdastre e tantissime spiagge bianche che una volta - ci dicono - erano affollate di bagnanti come al mare. Oltre l'argine, numerose cascine ormai abbandonate testimoniano la cultura contadina di un tempo ormai lontano. In questo secondo tratto di viaggio abbiamo fatto meno conoscenze lungo la strada perché le persone sembrano indifferenti al nostro passaggio. Anche durante le soste nei paesi quasi nessuno si avvicina incuriosito per chiederci da dove veniamo e lo stesso accade nei maneggi in cui ci fermiamo per la notte. Ci sembra abbastanza strano se paragonato alle esperienze precedenti, soprattutto quelle dell'anno scorso in Germania. E non è che di viaggiatori a cavallo se ne vedano poi molti, da queste parti, per aver smorzato tutte le curiosità...
Il premio simpatia per questo tratto lo assegniamo agli amici di Bergantino, il paese dei giostrai in provincia di Rovigo, mentre pollice verso a quell'agriturismo (finto) sul Po che pur spacciando tra le sue strutture un "ricovero cavalli" non ci ha saputo offrire che un mucchietto di erbacce secche definito "fieno" e una colonna sotto a una tettoia per legare i cavalli. Quanto alla biada, poi, non era assolutamente necessaria perché tanto, ai cavalli, "avrebbe fatto bene un po' di dieta" (testuali parole del proprietario della struttura). Perciò, se i vostri cavalli sono in sovrappeso, potete recarvi alla Corte La Motta di Cesole, nei pressi del ponte di barche sull'Oglio.
Itinerario: Guastalla - Casaltone - Bibbiano - Trinità - Castelnuovo Monti - Collagna - Sassalbo - Licciana Nardi.
Partiamo da Guastalla e, lasciata la riva del Po a Brescello, risaliamo la valle dell'Enza fino a Bibbiano. Avevamo notizie di un'ippovia lungo il fiume Enza, ma non siamo riusciti a trovarla, probabilmente perché gli argini - che vengono puliti solo ogni sei mesi, come scopriamo sul posto - sono resi impraticabili dalla vegetazione. A Quattro Castella, poco oltre Bibbiano, ci immettiamo nel percorso del "Sentiero dei Ducati". Il paesaggio si fa vario, affascinante, e ogni piccolo paese ha un suo motivo di interesse, un'antica chiesa o un castello. Poco importa se il nostro avanzare si fa più lento e tortuoso: solo così scopriamo, anche casualmente, luoghi naturali di cui mai avremmo immaginato l'esistenza. E' il caso di un tratto nel greto del fiume Secchia che per la sua ampiezza e (relativa) lontananza da insediamenti umani crea la suggestione di regioni selvagge da esplorare. Sopra Collagna i sentieri si inerpicano tra maestosi castagni secolari. Questi magnifici castagneti venivano curati come giardini fino a pochi decenni fa, prima dello spopolamento della montagna, quando i prodotti del bosco erano la principale fonte di sostentamento per la gente del posto. Al di là del passo del Cerreto con i suoi laghi e la sua folla di turisti scendiamo nell'affascinante paese di Sassalbo. Noi dormiamo nel posto tappa del "Lunigiana trekking", ricavato nell'ex canonica, mentre per i cavalli c'è spazio in un "giardino" lì vicino. Siamo già in Lunigiana, una terra aspra, forse più affine alla Liguria che alla Toscana. Ci colpiscono le sue fontane, ancora numerose nei paesi e lungo le strade, e le immagini sacre e profane scolpite in formelle di marmo bianco collocate nei tabernacoli o sopra le porte delle case. Le Alpi Apuane sono vicinissime e nelle loro sagome dolomitiche ci divertiamo a cercare somiglianza con alcune delle più caratteristiche montagne friulane. Il premio simpatia va al paese di Collagna, che abbiamo tra noi definito "il paese delle porte aperte", e in particolare a Elena e Corrado Torcianti che ci hanno ospitato a casa loro con la massima spontaneità. Il pollice verso invece avrebbe diversi pretendenti: l'ostessa di Casaltone, che alle nove e mezza di sera ci ha rifiutato anche un pezzo di pane e formaggio, pur sapendo che eravamo lì a cavallo e non in macchina; gli zelanti custodi del parco pubblico di Montecchio Emilia che ci hanno cacciato via - mentre stavamo riposandoci un po' all'ombra - con la scusa che il parco è "proprietà privata" e poi che "con i cavalli non si sa mai"; l'agriturismo di Ginepreto che, pur avendo dato telefonicamente la sua disponibilità a ospitare i cavalli, non ci ha fatto trovare nemmeno una balla di fieno...
Itinerario: Lunigiana (Licciana, Terenzano) - Garfagnana (Monte Argegna, Passo Pradarena, Passo del Romecchio, Passo delle Radici, San Pellegrino in Alpe) - Pievepelago - Fiumalbo - Monte Cimone - Croce Arcana - Lago Scaffaiolo - Cascina di Spedaletto - Montepiano.
Ed eccoci al tratto più entusiasmante del nostro viaggio, quasi tutto sul crinale dell'Appennino, seguendo il più possibile il tracciato di quel grandioso percorso escursionistico che è il Sentiero Italia, che qui coincide con la G.E.A. Qui per la prima volta abbiamo trovato tabelle segnaletiche specifiche per il trekking a cavallo. Numerosi piccoli centri ippici che svolgono attività estiva in montagna sono ben disposti a ospitare viaggiatori di passaggio. La bellezza delle montagne e dei panorami ci ha lasciato davvero senza parole e si è ripercossa immediatamente nel consumo di pellicola fotografica. I sentieri, quasi sempre ben tenuti e ben segnalati, si snodano in splendidi boschi di faggi o di abeti, per poi uscirne sui milleseicento metri di quota in immense brughiere di mirtilli che si estendono fino alle vette. Viaggiare a cavallo sul crinale, con a sinistra l'Emilia e a Destra la Toscana, dava un'incredibile sensazione di libertà, di vastità, e se da un lato la dolcezza dei pendii verdi ci ricordava sempre le Alpi carniche, la grandezza degli spazi e delle visuali ci faceva fantasticare di nuovo di essere in qualche luogo mitico dell'immaginario cinematografico. Questo breve tratto di Appennino che abbiamo percorso è stato solo un assaggio, ma è stato sufficiente per farci sognare ulteriori viaggi. A questo punto però vorremmo mettere in guardia chi si appresta a percorrere i sentieri appenninici affinché non ne sottovaluti le difficoltà. Alcuni sentieri percorribili a piedi sono impraticabili dai cavalli, altri che vengono percorsi più o meno abitualmente da cavalli e cavalieri molto esperti della zona (ma a volte solo temerari che giocano con la vita dei cavalli) possono diventare molto pericolosi per cavalli inesperti o in caso di maltempo. Quindi secondo noi è bene non fidarsi troppo delle informazioni raccolte in loco e in caso di dubbio è bene ispezionare i tratti difficili a piedi e senza cavallo, perché uno dei rischi più grossi in montagna è quello di restare bloccati di fronte a una difficoltà e non avere lo spazio per girare il cavallo.
In questo tratto il pollice verso va a tutti gli amanti della natura sì, ma teletrasmessa, che ci hanno detto che "ci piacciono i cavalli ma non le mosche" e quindi "legateli lontano da qui"; il premio simpatia va ex aequo a due Sergi, Sergio di Ca' Palazza, a Canevare, appassionato allevatore di avelignesi, e Sergio Pieragnoli di Prato, che ci ha ospitato nel suo Circolo Ippico a Poggio di Petto. Con quest'ultimo Sergio, anche lui appassionato viaggiatore, conosciuto proprio alla vigilia del nostro ritorno a casa e della sua partenza per un trekking a cavallo...in Friuli, abbiamo lungamente discusso delle gioie e dei dolori del viaggio a cavallo e abbiamo tirato un po' le somme.
Quando siamo partiti, sotto sotto eravamo convinti di fare un viaggetto di tutto riposo, anche perché, per così dire, giocavamo "in casa". Devo dire che siamo rimasti un po' delusi... La bellezza paesaggistica, la ricchezza di testimonianze storiche e di opere d'arte, il susseguirsi di ambienti diversi in brevi spazi non hanno certo paragoni, ma chi viaggia a cavallo non li gode appieno perché deve fare i conti - secondo noi - con due problemi di ordine tecnico e due difficoltà di ordine psicologico. Volendo attraversare una zona densamente abitata come la pianura padana si incontrano molte difficoltà se non si seguono gli argini dei fiumi maggiori. Se questo non è possibile, il procedere diventa molto lento a causa dell'asfalto che copre ormai anche le strade minori. Le cose migliorano nettamente in montagna, ambiente che però richiede una preparazione specifica per cavallo e cavaliere.
Anche in Italia, come in Germania, non sono troppo diffuse le ippovie e non sempre ci sono persone che viaggiano a cavallo: quindi manca una rete di punti di sosta e informazioni sugli itinerari. Tuttavia in Germania la grande passione per i cavalli e gli sport equestri rende facile trovare una sistemazione soddisfacente per i cavalli non solo in maneggi e circoli ippici ma anche da allevatori o da privati. In Italia abbiamo fato affidamento quasi esclusivamente sui maneggi, e questo ha condizionato fortemente la scelta dell'itinerario. Quando abbiamo cercato sistemazioni diverse, spesso abbiamo avuto spiacevoli sorprese. Inoltre bisogna dire che i maneggi, se contatati telefonicamente, danno spesso risposta negativa e si rivela più facile essere ospitati presentandosi la sera a cavallo senza preavviso. Passando alle difficoltà psicologiche, la prima è data dal fatto che gli italiani non hanno sempre un buon rapporto con la natura e con gli animali (da qui nasce forse l'ancora scarsa diffusione della nostra equitazione). Gli animali vengono a volte preferiti sotto forma virtuale, in TV o su belle pagine patinate, che non richiedono né impegno né fatica né mettono a contatto con odori sgradevoli e necessità fisiologiche. Per finire vorremmo spendere due parole sul concetto di ospitalità. Ci sembra che ormai questa parola si usi solamente per definire la gentilezza e la sollecitudine degli operatori turistici, cioè di coloro che dell'ospitalità hanno fatto una professione, mentre se ne è dimenticato l'originario significato di disponibilità disinteressata e spontanea che dovrebbe animare tutti noi. "I cavalli aprono i cuori", titolava l'anno scorso un giornale tedesco commentando la facilità con cui avevamo trovato ospitalità durante il nostro lungo viaggio. Ma in Italia la presenza dei nobili quadrupedi purtroppo non è sufficiente a sollevare quel velo di diffidenza con cui si è osservati quando si viaggia in modo inconsueto. Peccato!